The age of Q – Alcune note economiche a margine del conflitto russo-ucraino

È noto che niente come la guerra mette a confronto la forza economica dei contendenti. Allora la prima domanda che bisognerebbe farsi è: come mai la Russia, che ha un PIL a metà strada tra quello della Spagna e quello dell’Italia, riesce a tenere militarmente in scacco (e, diremmo, a surclassare) l’intero Occidente, non solo in Ucraina (dove l’intervento occidentale è massiccio, tra sanzioni, finanziamenti, forniture di sistemi d’arma, di consiglieri militari e di milizie mercenarie), ma anche in Siria e in Africa? 

Il sistema economico dell’Occidente è il sistema che, fino a poco tempo fa, dominava il mondo intero e che oggi si presenta in evidente crisi. Esso è afflitto da un problema fondamentale legato alle sue stesse leggi di sviluppo, un problema che porta i margini di profitto a diminuire nel tempo rispetto al capitale investito (cioè, a livello sociale, è necessario investire capitali sempre più ingenti per ottenere gli stesi profitti). Questa legge economica, che è stata scoperta dagli economisti classici e che non è eludibile ma solo momentaneamente aggirabile, è legata all’uso sempre più esteso di macchine e sistemi automatici nella produzione e le circostanze storiche ne stanno dimostrando la completa esattezza. Per fronteggiare le conseguenze di tale legge economica, il sistema ha dovuto dapprima espandere il mercato, soppiantando praticamente tutti i residui precapitalistici a livello mondiale, poi ha dovuto rifugiarsi in una bolla borsistica e finanziaria che ha permesso ai capitali di trovare una redditività fasulla, basata su una montagna di carta (la cosiddetta “economia di carta”) e, contemporaneamente, ha dovuto espandere il consumo attraverso la creazione di categorie improduttive (la cosiddetta “espansione del terziario”). Infine, dopo la crisi del 2008, che ha rappresentato la fine della funzione autonoma della finanza come traino dell’economia mondiale, è stato necessario per le élite dominanti pompare moneta creata dal nulla (quindi praticamente falsificata) all’interno di canali specifici per spostare ricchezze dalla popolazione e da settori “marginali” a settori direttamente legati alle loro attività. Questo significa, semplicemente, essere arrivati a “raschiare il fondo del barile”. Il tutto in un dilagare di inefficienza e corruzione, quest’ultima dovuta alla lotta sempre più serrata per la spartizione di profitti sempre più esigui. Ovviamente, tutti questi fenomeni sono sempre coesistiti nell’economia degli ultimi secoli, ma il prevalere dell’uno o dell’altro ha scandito le diverse fasi del progressivo invecchiamento e imputridimento del sistema economico. 

Veniamo ora all’industria del settore militare. Uno dei modi che il sistema economico trova per aggirare la diminuzione dei margini di profitto è quello di vendere più merci: se vendendo una singola unità di merce si realizza meno profitto, sarà necessario vendere più unità di merce per realizzare gli stessi o maggiori profitti. Nel settore militare (ma anche, ad esempio, in quello dell’automobile) l’industria ha percorso questa scappatoia, incorporando più merci in una stessa unità di armamento (o in una stessa auto) sotto forma di sistemi elettronici. In Occidente, il ricorso all’elettronica ha ampiamente travalicato le esigenze legate all’efficienza dei sistemi d’arma ed è ormai esclusivamente finalizzato al profitto, per cui le armi occidentali, rispetto a quelle russe, risultano essere molto più costose (anche se parte del prezzo è determinato da più alti livelli di corruzione, poiché gli attori dell’industria degli armamenti sono privati in concorrenza tra loro, quindi con forte tendenza alla “mazzetta” per prevalere gli uni sugli altri, mentre in Russia il settore difesa è controllato dallo Stato), più fragili (più elementi elettronici ci sono, più il sistema è soggetto a guasti), più difficili da fabbricare, più complicate da utilizzare e meno efficienti. Anche il volume della produzione russa di munizioni e missili, fondamentali nel conflitto attuale, sembra superare quello dell’intero analogo comparto occidentale. Inoltre, le risorse che l’Occidente riesce a investire nel settore ricerca è immaginabile che siano più votate ad incrementare i profitti che non a produrre reale innovazione. Spesso l’unico vantaggio delle armi occidentali rispetto a quelle russe risiede in un aspetto esteriore più rifinito, che le rende talvolta più “belle” a vedersi: evidentemente il vecchio vizio di nascondere le magagne con il belletto vale anche per un settore come quello degli armamenti, particolarmente vitale per l’Occidente parassitario e bellicoso, segno evidente di un declino terminale e irreversibile.

La nostra tesi è che in Russia sia attualmente presente un sistema economico misto, con elementi del vecchio sistema, quello occidentale, mescolati con un sistema nuovo (o meglio, “seminuovo”, almeno per ora) che investe i settori chiave, un sistema più efficiente (come spietatamente dimostrano i risultati sul campo di battaglia, con una mortalità media che tra i soldati ucraini è 10 volte superiore), altamente centralizzato, meno soggetto a corruzione, in cui la produzione va incontro ad esigenze legate all’uso reale dei prodotti e non ad esigenze di profitto. Da notare, poi, che la Russia non ha un’economia votata alla guerra, ma, anzi, la produzione ad uso civile è in forte aumento e la società russa prospera rispetto alle economie occidentali in decadenza. Le armi russe sono più semplici, più efficienti e molto meno costose di quelle occidentali. Ad esempio, i russi sono in grado di distruggere i mezzi blindati occidentali, che costano milioni di dollari l’uno, con droni da 500 dollari. Inutile dire che gli occidentali non dispongono di droni militari così economici. Pensate anche, ad esempio, al nuovo bombardiere russo Tupolev TU-160M2, versione profondamente rinnovata del già strabiliante TU-160 di fabbricazione sovietica. Ebbene, questo “nuovo” aereo manterrà parte della strumentazione di volo in forma analogica, probabilmente perché ciò che è analogico può guastarsi solo nella parte hardware, mentre ciò che è elettronico può guastarsi sia nella parte hardware che in quella software, per cui tende a guastarsi più frequentemente. Questa è la filosofia di una produzione basata più sul bisogno che sul profitto (riteniamo infatti che lo sforzo militare attuale della Russia non abbia le solite mire di ampliamento dei profitti, ma miri alla difesa non già della sola madrepatria, ma di tutto il nascente sistema economico). Possiamo anche concludere che l’odierno feticismo nei confronti dell’elettronica deriva dalla decadenza dell’economia e dell’intera società occidentale: qualsiasi innovazione andrebbe utilizzata con la giusta misura.

In conclusione, il vecchio capitalismo di Stato di stampo sovietico, nell’ambito dell’attuale quadro economico e politico mondiale e una volta introdotti, lo diamo per scontato, i necessari cambiamenti e correttivi, spicca per efficacia ed efficienza. È un dato di fatto.

Partendo dalle evidenze qui esposte, affermiamo che la Russia si prepara, con gli altri membri dei BRICS, alla transizione ad un nuovo sistema economico, un sistema non più afflitto dai mali del vecchio e che può permettersi monete non falsificabili, legate ad asset reali (di cui il principale sarà l’oro, vedi Q#2619), basate su una piattaforma tecnologica che non permetterà transazioni illecite (grazie ad una combinazione di hardware e software di cui il Bitcoin è stato, in qualche modo, il precursore), un sistema che per sopravvivere non avrà bisogno di opprimere e sfruttare gli esseri umani o di seppellire il pianeta nell’immondizia. Un sistema nuovo per un mondo nuovo. Un sistema per il popolo e non per le élite.

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